NOI VOI GEI

Gettare acqua sul fuoco... e non solo!

E' quasi un'equazione matematica, oltre che un frequentissimo modo di dire, pensare all'acqua come elemento principale per spegnere il fuoco, sia che si tratti di sedare un piccolo incendio, di domare le fiamme di un rogo di dimensioni imponenti o, appunto, di contenere i nostri "bollenti spiriti", pronti a divampare durante una discussione o un litigio. 


In realtà, carattere e tempra "infiammabili" a parte, non sempre al lato pratico l'acqua si rivela la soluzione corretta, sia per un discorso legato alla disponibilità, in quanto non sempre la troviamo "a portata di mano", sia perché ciascun incendio è fortemente caratterizzato dalle peculiarità del materiale che, appunto (ehm... senza mezzi termini), sta andando a fuoco

Può trattarsi infatti di un elemento solido, liquido o anche gassoso. Inoltre, anche le sue caratteristiche intrinseche sono da tenere in grande considerazione per una gestione corretta e tempestiva dell'incendio. Per esempio, se un quadro elettrico prende fuoco, l'acqua è di certo il mezzo da non utilizzare per sedare l'incendio.

Concentriamoci allora su un'altra immagine frequente che visualizziamo ogni volta che pensiamo alle fiamme che divampano e a come arginarle: ed ecco che ci apparirà un estintore

Un, articolo indeterminativo utilizzato volontariamente poiché, come vedremo più avanti, gli estintori sono una grande famiglia, in cui ciascuno svolge la sua funzione specifica. 

Del resto, vi immaginereste mai un ristorante dove sono i camerieri a smanettare con padelle e mestoli ai fornelli ed è lo chef a servire al tavolo i clienti? No eh... beh, a ognuno il suo, proprio come succede per gli estintori!

Con il primo prototipo "moderno" creato agli inizi dell'Ottocento, gli estintori sono senza dubbio la prima risorsa a cui ricorrere allo scoppio di un incendio, insieme, naturalmente, noi di GEI lo ricordiamo sempre con fermezza, a un pronta segnalazione ai Vigili del Fuoco.


Un tuffo nella storia

Le prime testimonianze di estintori, o meglio, di oggetti che ne ricordavano (più o meno vagamente) l'utilizzo, si hanno addirittura al tempo degli Antichi Egizi. L'antlia, sorta di vaso o giara, ideata dall'inventore Ctesibio durante il periodo tolemaico, aveva all'occorrenza anche il compito di domare gli incendi e consisteva in una pompa che permetteva il sollevamento dell'acqua in un tubo di collegamento sfruttando il movimento alternato di due pistoni collocati in appositi cilindri. 


Per tutto il Medioevo e oltre, i primi sistemi antincendio utilizzati prevedevano (beh, per forza di cose si potrebbe dire) l'utilizzo di acqua in sorta di pompe o mantici che la aspiravano da cisterne e recipienti, liberando poi il getto verso il fuoco. 


Una menzione del tutto curiosa in questo excursus storico, meritano i tentativi di Zacharias Greyl e Ambrose Godfrey che in terra d'Albione, nel corso del XVIII secolo, misero a punto un sistema tanto ingegnoso quanto singolare per l'epoca. Una botte di legno veniva riempita con acqua (per Greyl) o con una soluzione antincendio (per Ambrose) e collegata a un piccolo recipiente contenente polvere da sparo. Gettando la botte direttamente sul fuoco, o innescandone la miccia, questa esplodeva, spargendo con successo il suo contenuto sulle fiamme.


Il capostipite di tutti gli estintori è però senza dubbio il contenitore di rame con all'interno circa 13 litri di carbonato di potassio pressurizzato, ideato dall'inglese George William Manby nel tra il 1813 e il 1818. Attraversando il canale della Manica, e con un salto temporale di circa mezzo secolo, il francese Francois Carlier ottimizzò quanto già ideato da Manby mantenendo la struttura esterna "moderna", aumentando l'efficienza ma modificandone il contenuto. Si tratta del primo caso di estintore "soda-acido". La soluzione contenuta nell'estintore era qui costituita da bicarbonato di sodio e acqua con, all'imboccatura, un contenitore di vetro con acido solforico. Rompendo il contenitore con un'apposita asta, si generava CO2 tramite una reazione chimica, che fungeva da propellente per la fuoriuscita del getto d'acqua all'esterno. 

Negli ultimi anni dell'Ottocento, apparvero i primi estintori a CTC (tetracloruro di carbonio), il cui principio di funzionamento rievocava il metodo di Greyl e Godfrey: questi contenitori di vetro venivano infatti gettati alla base delle fiamme e il CTC, liberato, evaporava fino a spegnere l'incendio.

Facciamo ora un salto nel 1905 nell'ultima Russia degli zar, precisamente a Baku, nell'attuale Azerbaigian, per trovare il primo estintore a schiuma. Opera dell'insegnante Alexandr Laurent, che mise a frutto gli studi effettuati in Francia per combinare (e brevettare poi) una particolare composto schiumoso: un mix di bicarbonato di sodio e solfato d'alluminio, accompagnato da un agente stabilizzante, in grado di produrre una sostanza resistente contenente biossido di carbonio da utilizzare sui liquidi infiammabili, sottraendo loro l'ossigeno necessario per bruciare ed evitando così la combustione.

Dobbiamo invece attendere il 1924 per trovare il primo estintore ad anidride carbonica, di immediato successo e popolarità grazie alla sua maneggevolezza e al limitato impatto sull'ambiente.

Gli anni '40 e '50 videro poi lo svilupparsi di estintori a liquidi Halon, di produzione europea, che poi attecchirono anche oltreoceano venendo ottimizzati tra gli altri, dall'esercito statunitense. 

Terminando la nostra storia, troviamo oggigiorno il fosfato d'ammonio a farla da padrone quale sostanza principale con cui vengono caricati gli estintori.


Le varie tipologie


Oltre alla differenza nelle loro dimensioni, gli estintori vengono suddivisi in due grandi famiglie in base al peso, e in cinque grandi categorie a seconda della sostanza che contengono e del tipo di incendio cui sono chiamati a far fronte:


* Estintori portatili trasportabili a mano, fino a 20 kg di peso, utilizzabili da una singola persona

* Estintori carrellati, con ruote di sostegno per il trasporto, per un peso superiore ai 20 kg, da utilizzare da due persone al contempo


L'altra grande differenza è rappresentata dalle caratteristiche dell'agente estinguente, ossia la sostanza contenuta al loro interno. Ciascun agente è infatti specificamente indicato per spegnere un incendio in propagazione su un particolare tipo di materiale, catalogato secondo le indicazioni del Comitato Europeo di Normazione (CEN) che ha individuato sei grandi classi di fuoco:

* Classe A: materiali solidi (per esempio gomma, tessuti, legno e carta)

* Classe B: liquidi infiammabili (come idrocarburi e alcol)

* Classe C: gas infiammabili (metano, idrogeno, ecc...)

* Classe D: metalli infiammabili (per esempio titanio e potassio)

* Classe E: apparecchiature elettriche sotto tensione

* Classe F: oli animali e vegetali


Ciascun incendio fa quindi riferimento a una specifica classe e una determinata tipologia di estintori per combatterlo:

* Estintori ad acqua (consistono in un sistema permanente di pressurizzazione e agiscono tramite nebulizzazione) funzionali per spegnere incendi che si propagano su materiali solidi, come legno e carta, ma assolutamente NON per le apparecchiature elettriche  

* Estintori a polvere (contengono una polvere ricavata dalla miscela di differenti agenti chimici, per cui esistono due differenti tipologie: la polvere ABC, realizzata generalmente con solfato e fosfato d'ammonio, destinata a incendi delle tre classi relative, che coinvolgono quindi sia solidi che liquidi e sostanze gassose infiammabili; oppure la polvere BC, destinata alle due categorie di competenza e composta prevalentemente da bicarbonato di sodio).

* Estintori ad Anidride Carbonica CO2 (da utilizzare molto vicino alle fiamme, a una distanza di 2-3 metri al massimo, sono dedicati agli incendi della classe E, che quindi interessano quadri e apparati elettrici. Prevedono una bombola d'acciaio che contiene CO2 compressa e in forma liquida, rilasciata sotto forma di ghiaccio secco a una temperatura di -78°C)

* Estintore a schiuma (da utilizzare in incendi di materiali solidi e liquidi, sono basati sull'azione di "soffocamento" che la schiuma produce sul fuoco. Per definizione, la schiuma può essere meccanica, quando si serve di un meccanismo di compressione della CO2 per emettere il suo getto, oppure chimica, se deriva invece da una reazione chimica che origina anidride carbonica sulla base della combinazione di bicarbonato di sodio e solfato di alluminio. La CO2 generata fa così fuoriuscire il prodotto).

* Estintori a idrocarburi alogenati (attualmente in disuso per ragioni di impatto ambientale, non più utilizzabili in seguito al D.M. del 10/03/99 poichè emettevano nell'atmosfera gas nocivi che danneggiavano il buco dell'ozono. I più utilizzati erano gli halon 1211 e 2402 (tipici per gli estintori) e gli halon 1301 (più utilizzati negli impianti antincendio). Oggigiorno sono talvolta sostituiti dagli idroclorofluorocarburi (HCFC) o dagli idrofluorocarburi (HFC), che causano un impoverimento dello strato di ozono decisamente inferiore, quasi a impatto zero.


La presenza in uffici e ambienti di lavoro


Ne abbiamo qui descritto storia e tipologie, ma che cosa dice la legge riguardo al collocamento degli estintori nei luoghi di lavoro? Qualsiasi attività commerciale che supera i 400 metri quadrati di estensione deve obbligatoriamente munirsi di almeno un estintore ogni 100 metri quadrati, due per piano o reparto, indicati da apposita segnaletica, da collocare (importante!) in una posizione ben visibile, non superiore ai 30 metri da percorrere a piedi per raggiungerli e utilizzarli tempestivamente. 

E' indispensabile che siano soggetti a controllo periodico e che siano in ogni momento carichi (con almeno 6 kg di sostanza estinguente al loro interno). E' inoltre consigliabile che siano affissi a parete e collocati in prossimità delle uscite e delle cosiddette vie di esodo.

Se l'attività non supera i 400 metri quadri di estensione, l'estintore è comunque obbligatorio se l'azienda presenta del personale in loco. Qualora non ci fosse personale dipendente è invece necessario valutare il rischio nello specifico, in quanto l'obbligo può scaturire da diversi fattori, per esempio se un dato locale-attività è o meno aperto all'ingresso del pubblico.

Per uffici e attività, se è presente almeno un lavoratore oltre al titolare, la presenza di un estintore è prevista dalla legge. Per gli uffici di grandi dimensioni (superiori a 300 dipendenti), che figurano come attività soggette al controllo diretto dei Vigili del Fuoco, ca va sans dire (ci concediamo un francesismo). 


Per concludere, una piccola dritta che, si sa, non guasta mai: ricordati sempre, in caso di utilizzo di qualsiasi tipo di estintore, di dirigere il getto alla base delle fiamme, di modo da attaccare subito l'incendio alla base della sua propagazione, utilizzare al meglio la sostanza estinguente senza disperderla, e facilitare così lo spegnimento dell'incendio.


La prevenzione prima di tutto, come ricordiamo sempre noi di GEI, poiché un incendio si comincia a contrastare con una corretta disposizione, un giusto collocamento e soprattutto con una costante manutenzione e controllo degli estintori nella nostra attività. E' il primo passo per tutelarci e vivere in sicurezza.



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