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Rivelatori di incendio: piccoli dispositivi per una grandissima utilità!

"Un piccolo buco fa affondare un gran bastimento" recita un antico proverbio ancora in voga oggi, spesso condivisibile e veritiero nella vita di tutti i giorni (ma fortunatamente non in tutti i casi), a rimarcare il fatto che un piccolo errore può a volte produrre conseguenze su larga scala, anche irreversibili.

E se facciamo riferimento alla piccolezza nelle dimensioni di un oggetto, ne troviamo uno in particolare che, per quanto limitato nella sua estensione, per contrapposizione si rivela invece di un'utilità davvero enorme, in grado di lanciare tempestivamente l'allarme e, se necessario, di salvare vite.

Si tratta, nella sfera della prevenzione e protezione antincendio, del rivelatore di incendio.

Prevalentemente di forma circolare, o cilindrica, collocato sul soffitto o sulle pareti, questo dispositivo elettronico (con attività wireless o cablato), che prende anche il nome, più comunemente (e in tono ormai quasi gergale), di "rilevatore" o "sensore", ha appunto la funzione di captare la presenza di fumi e gas (e di cogliere anche un pericoloso innalzamento della temperatura) in un ambiente chiuso, potenziale avvisaglia della presenza di fiamme libere incontrollate, oppure di perdite e fuoriuscite di materiale gassoso e quindi del sopraggiungere di un possibile incendio.

Non appena la presenza di gas e fumo viene rivelata, il sensore produce immediatamente un segnale di allarme attraverso appositi dispositivi di segnalazione, che può essere visivo o anche acustico, oltre a inviare un input alla centrale operativa dell'azienda fornitrice (qualora il servizio lo preveda), oppure subito alle autorità competenti in caso di collegamento diretto.


"Allarme in vista!"


La percezione che il rivelatore ha prima di, come una vera e propria vedetta, avvistare il nemico e lanciare l'allarme, è collegata alle "armi" di cui dispone, ossia alle sue caratteristiche di fabbricazione.

Oggigiorno sono infatti diffuse due tipologie di rivelatori. La prima è costituita dai rivelatori a fascio ottico, in cui un fascio laser a infrarossi proiettato da un led dall'interno verso una fotocellula subisce l'offuscamento generato dal progressivo addensarsi del fumo. In questo modo il rivelatore riceve un quantitativo minore di luce, sulla base del cosiddetto "Effetto Tyndall" (per cui viene captata la presenza di particelle solide o liquide nel processo di diffusione della luce) e identifica la presenza del fumo come minaccia. Sono di questa tipologia i rivelatori utilizzati nelle realtà industriali, commerciali (di notevole estensione), o comunque in grandi ambienti, disponendo essi di una copertura pari, mediamente, a circa 100 metri quadri a unità.

Esistono poi i rivelatori a camera ionizzante, che contengono al loro interno un gas ionizzabile e due componenti base, chiamate rispettivamente anodo e catodo. Il primo, con segno positivo, attira elettrostaticamente gli ioni a carica negativa, mentre il secondo, essendo un elettrodo negativo, opera in modo da attirare i cationi, ossia gli ioni a carica positiva.

Il fumo viene percepito, e la sua presenza prontamente segnalata, proprio a causa della reazione tra anodo e catodo, e della modifica del campo elettrico provocata dalla produzione di ioni nell'atmosfera, che si verifica in seguito al propagarsi di un incendio.

Ricordiamo che tutti i dispositivi appartenenti alla famiglia dei rivelatori possono poi essere "specializzati", e così suddivisi, in quattro categorie dedicate:

  • i rivelatori di fumo, che rivelano la presenza di fumo in uno specifico ambiente
  • i rivelatori di gas (tra le sostanze gassose rilevate si annoverano anche i temibili monossido di carbonio, metano e anidride carbonica, che possono rivelarsi estremamente pericolosi)
  • i rivelatori di fiamma, che basano la loro azione sulla sensibilità di fronte alle radiazioni scaturite proprio dalle stesse
  • i rivelatori di temperatura e calore, che fanno leva sull'innalzamento della temperatura che interessa l'area in cui sono installati


Regole per una corretta installazione


Ricordiamo che si tratta di dispositivi il cui corretto funzionamento è enormemente importante, in quanto responsabili della nostra sicurezza e della capacità di segnalare repentinamente un rischio che, se sottovalutato, può condurre a danni di ampia portata, con epiloghi che è necessariamente opportuno evitare.

Per prima cosa i sensori devono essere applicati adeguatamente e in maniera fissa, di modo da prevenire eventuali distaccamenti e cadute.

Sulla base delle indicazioni contenute nella normativa UNI 9795/2021, è poi importante che la loro collocazione avvenga lontano da fonti di calore o vapore, tra cui forni, fornelli e cappe, così come caldaie e box doccia, che ne provocherebbero l'attivazione generando un falso allarme ogni qual volta queste apparecchiature vengono messe in funzione. Occorre disporre i sensori anche a distanza di ventilatori, pale, climatizzatori e condotti di aerazione e ventilazione, in quanto anche in questo caso si correrebbe con grande facilità il rischio di un azionamento involontario.

Attenzione inoltre anche alle lampadine. Lampade a piantana, a parete, abat-jour ed eventuali plafoniere possono infatti, in seguito al surriscaldamento delle lampadine (magari dopo un prolungato periodo di accensione), generare moti convettivi per cui il calore sprigionato produce aria calda, che "spinge" la polvere a salire e disturbare la corretta rivelazione del sensore, "ingannandolo" e causandone l'azionamento. Ecco perché si consiglia, in questi casi, una posa a non meno di 30 centimetri di distanza da ogni fonte di calore di questa tipologia.

Naturalmente, il numero dei sensori posizionati è subordinato all'area interessata a cui va fornita copertura, sulla base del raggio d'azione, proprio, di cui ciascuno di essi può disporre.

Ricordiamo inoltre che un'adeguata e regolare operazione di manutenzione, compiuta da un tecnico specializzato, risulta fondamentale per garantire il corretto funzionamento dell'apparecchio, evitando spiacevoli anomalie e l'incorrere di eventuali problematiche.

"Nella botte piccola c'è il vino buono" per concludere con uno storico vecchio adagio tratto dalla saggezza popolare. Piccoli oggetti, apparentemente con utilità ridotta a uno sguardo sbadato e disattento, possono invece rivelarsi fondamentali e decisivi, anche in materia di sicurezza e prevenzione.




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